Palihapitiya ed il Feedback del valore

Chamath Palihapitiya – ex di Facebook, vice presidente della crescita utenti – ci dice in breve che il social network per il quale lavorava ha creato un ciclo del feedback a breve termine, guidato dalle scariche di dopamina derivanti dalle “reactions” ricevute e che tutto questo sta distruggendo il tessuto sociale. Sembra una dichiarazione socio-economica forte, ma in realtà è una cosa che in maniera più o meno consapevole sappiamo già tutti: ogni volta che pubblichiamo qualcosa non attendiamo forse qualche tipo di risposta? L’acqua calda, in sintesi.

È un comportamento naturale (o diventato tale) a causa di un sistema del mercato che ci ha fornito dei pubblici verso i quali rivolgerci. Nella società pre-internet e soprattutto pre-social network la creazione di un pubblico verso il quale poter riferire le nostre idee o semplici esperienze era circoscritta ai luoghi sociali offline o alla costruzione di un nostro luogo virtuale d’interesse verso il quale direzionare i nostri pubblici potenziali (i blog, i siti web personali). Al tempo stesso persone con un valore sociale percepito molto più alto.

Il ciclo di feedback di Palihapitiya Post – Like – Post alle fine ricalca fedelmente il modello di relazione capitalistico Denaro – Merce – Denaro e quello che non viene detto – ed è invece probabilmente la parte più importante – è un focus sullo sfruttamento del lavoro volatile da parte degli utenti. Quello sì che sta distruggendo il tessuto economico-sociale, altro che i “like”.

Il termine più corretto per definirlo non è social network, ma Marketing Social Platform ed è nutrito dagli utenti sotto forma di lavoro gratuito: contenuti non retribuiti che forniscono da una parte dati di profilazione per gli advertisers; dall’altra materiale di consumo visivo e ludico, necessario per tenere in vita il macchinario. Forme di lavoro volatile a bassa intensità e basse competenze sfruttate da chi ha bisogno di promuovere prodotti o servizi.

Tornando alla dopamina, come tenerla a bada? Allo stesso modo in cui si tiene a bada il consumo posizionale (o ostentativo), ossia acquistare “cose” per ostentare una posizione sociale, economica e culturale: solo con la consapevolezza. Raggiunta la consapevolezza che quelle scariche di dopamina sono finzione scenica e non opinioni reali da parte dei nostri “amici” staremo meglio. Allo stesso modo: quando ci renderemo conto che di quel bene possiamo fare a meno o semplicemente non possiamo permettercelo (ma vorremmo tanto ostentare di sì), allora riusciremo a salvare noi stessi.

Fonte: The Verge

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